Pagelle e brutti voti a scuola: come affrontarli?

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Finito gennaio, è arrivato il momento di tirare le somme per la prima metà dell’anno scolastico con le pagelle.

Come ogni anno, ci sono bambini e ragazzi che vivono nella speranza che la pagella non arrivi mai. Il rendimento magari non è stato il migliore, anzi, non è stato proprio all’altezza delle aspettative e delle proprie capacità. Ecco allora che fa capolino la temuta ansia da pagella!

Il voto: quel temuto numerino 

Quel “numero” associato ad ogni materia è spesso legato a un premio o a una punizione da parte dei genitori. Può anche accadere che il bambino abbia interiorizzato il voto come uno strumento di misura che lo qualifica e lo paragona ad altri in base alla bravura o all’intelligenza, all’apprendimento, alle capacità mnemoniche o logiche.

Al primo approccio con la scuola infatti i bambini non conoscono gli strumenti di misura e fanno fatica a capire cosa sia il voto: presentarglielo come un’etichetta che lo qualifica come bravo o cattivo aumenta il rischio che sperimenti vissuti di ansia da prestazione.

Meglio sarebbe descriverlo per quello che è davvero: un “numerino” che misura la singola prestazione e non il suo valore come persona. È molto importante perché è in gioco l’immagine che il bambino ha di sé.

Per aiutarlo l’ideale sarebbe invitarlo a raggiungere standard realistici più sostenibili nel tempo e a godersi la soddisfazione di un buon voto ottenuto grazie all’esperienza piacevole dell’apprendimento, piuttosto che concentrarsi sul voto eccellente ottenuto con un sacrificio eccessivo.

Spesso prendere un brutto voto a scuola invece suscita un terremoto familiare, perché i genitori per primi vivono i voti con ansia e come mere misurazioni di performance. Vivendo gli errori dei figli come fallimenti propri, li caricano di ansie e aspettative, o viceversa giudicano il percorso scolastico dei figli solo in funzione dei voti.

Un supporto efficace: il doposcuola

In questo scenario carico di tensione il doposcuola diventa uno spazio sicuro, dove i ragazzi si sentono accolti, ascoltati ed accettati, dove ognuno può sperimentare metodi di studio differenti per trovare il proprio, dove vengono valorizzate le esigenze del singolo studente ma allo stesso tempo vengono interiorizzate le dinamiche del piccolo gruppo, come la capacità di saper aspettare il proprio turno, l’autonomia, la socialità e la collaborazione.

Il doposcuola non mette voti, non punta solo allo scopo finale ma si focalizza sui mezzi per arrivarci. Attraverso l’utilizzo degli strumenti compensativi e la valorizzazione del significato piuttosto che la forma, i ragazzi potranno sperimentare maggior senso di autoefficacia, autostima e motivazione ad apprendere, di conseguenza acquisiranno maggiore autonomia per tutte le materie di studio, riducendo l’ansia rispetto alla prestazione e al voto finale.

Il ruolo del tutor

Il tutor del doposcuola per DSA e BES diventa anche un mediatore tra la scuola e la famiglia, collabora infatti con gli insegnanti e i familiari al fine di mettere in luce le difficoltà scolastiche e proporre nuovi metodi di valutazione, che possano valorizzare lo studente al meglio delle sue capacità.

 

Autori di questo articoli

 Dott.ssa Flaminia Feri

Dott.ssa Flaminia Feri

Psicologa e Tutor DSA e BES

Laureata in Psicologa Clinica, specializzanda in Psicoterapia cognitiva. Ho svolto un corso nel 2021 per la valutazione, diagnosi e trattamento dei bambini con il , dove svolgo attività di tutoraggio in piccolo gruppo.

Dott.ssa Giulia di Terlizzi

Dott.ssa Giulia di Terlizzi

Psicologa e Tutor DSA e BES

Laureata in Psicologia clinica e della salute alla facoltà di Firenze e Psicoterapeuta in formazione alla scuola di psicoterapia cognitiva di Grosseto.
Lavoro come tutor degli apprendimenti con bambini e ragazzi DSA, BES e con ADHD all’interno del Centro.

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